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Comunità energetiche ed energia green
La realtà delle comunità energetiche è ancora poco conosciuta ed utilizzata in Italia rispetto al resto del mondo e dell’Europa. La creazione di queste comunità porta ad innumerevoli benefici sociali, economici, fiscali e soprattutto ambientali.
In questo articolo ti racconteremo che cosa sono le comunità energetiche, come funzionano, quali sono le normative italiane che le regolano, i benefici derivanti dal loro utilizzo e alcuni esempi famosi.
Cosa sono le comunità energetiche e quali sono i benefici
Una definizione che possiamo dare di comunità energetica è quella di un soggetto giuridico composto da utenze appartenenti alla stessa rete di medio-bassa tensione (ovvero la stessa cabina mt-bt) che condividono l’energia elettrica prodotta da una fonte di energia rinnovabile. Tra le principali fonti alternative, quella che maggiormente si presta a questa modalità di condivisone energetica, è l’utilizzo di pannelli fotovoltaici.
Di comunità energetiche ne esistono di diverse tipologie: da quelle di quartiere, a quelle agricole, fino ad arrivare a quelle di borgo.
I benefici che derivano dalla scelta di costituire una comunità energetica sono molteplici, i due principali sono però:
- Benefici ambientali: viene infatti messa in secondo piano l’energia prodotta da combustibili fossili e ridotto il calo di dispersione di energia (circa il 7% dell’energia immessa nella rete pubblica si disperde nell’ambiente)
- Benefici economici: incentivi e calo delle bollette
Quali sono le normative che le regolano
Le comunità energetiche sono previste dalla Direttiva Europea RED II (2018/2001/UE), pensate per fare un importante passo verso lo sviluppo di energia rinnovabile a chilometro zero. Il recepimento della normativa in Italia è avvenuto con il Decreto Milleproroghe 169/2019 e implementato dal Decreto Legislativo 199/2021.
Dalla lettura di tali disposizioni, è possibile ricavarne che la partecipazione dei singoli membri alla comunità è aperta e su base volontaria (ciò comporta che l’entrata e l’uscita dalla comunità può avvenire tranquillamente senza vincoli particolari), la comunità è totalmente autonoma nelle decisioni e che gli obiettivi principali sono quelli di offrire benefici ambientali, economici e sociali all’intera comunità energetica. L’aumento dell’impiego di fonti alternative riduce il prezzo all’ingrosso di energia portando indirettamente un beneficio economico consistente anche per i non membri della comunità.
E’ bene poi ricordare che le normative prevedono degli incentivi per l’energia condivisa nella comunità. Dal momento della sua costituzione fino a 20 anni, a ciascuna comunità verrà dato un premio in denaro per tutta l’energia auto-prodotto e auto-consumata dall’organismo stesso.
Chi può farne parte e i requisiti essenziali
Possono costituire una comunità energetica:
- Persone fisiche (cittadini, condomini…)
- Enti territoriali
- Autorità locali
- Amministrazioni comunali
- Piccole e medie imprese
Un aspetto importante da tenere in considerazione è che il fine principale della comunità energetica non può essere orientato al lucro e al profitto, ma alla divisione delle spese tra i membri e al risparmio.
I requisiti richiesti dalle normative sopracitate è che:
- Gli impianti di energia rinnovabile siano nuovi
- Tali impianti abbiano una potenza massima di 200 kw
- I partecipanti siano gli intestatari della bolletta
- E’ tassativo che chi vi partecipi non svolga come attività principale quella di produrre o scambiare energia
Come funzionano le comunità energetiche
Il primo step da compiere è quello di costituire un’entità legale tra i membri che andranno a comporre la comunità energetica. Considerando che la finalità principale non può essere quella di lucro, le due forme maggiormente scelte sono quella dell’associazione non riconosciuta o della cooperativa.
Il secondo step è la scelta di quale impianto installare e di dove posizionarlo (posizione che deve comunque essere sempre in una zona di prossimità ai membri della comunità). Ad esempio, se stiamo trattando di un condominio, l’impianto verrà installato per comodità sopra al tetto dell’immobile.
L’impianto non sarà necessariamente di proprietà di uno dei membri, ma potrà essere intestato anche ad un soggetto terzo. Ciascun membro dovrà poi installare un SMART METER, ossia un contatore intelligente che consentirà di tenere monitorata la produzione, l’autoconsumo, la cessione e il prelievo dell’energia.
Tra le altre decisioni prese dai membri vi sono poi quelle inerenti alla grandezza dell’impianto, a chi lo progetterà e costruirà, al suo monitoraggio e alla sua manutenzione. La scelta però più importante è la suddivisione dei benefici tra i componenti del gruppo. Ciò avverrà con la stipula di un contratto di diritto privato e potrà ad esempio essere in forma uguale per tutti i membri, oppure privilegiarne alcuni che hanno utilizzato l’energia in contemporanea alla sua produzione (evitando così dispersioni e sprechi).
E’ opportuno ricordare che l’energia prodotta in eccesso potrà essere anche immagazzinata in sistemi di accumulo, quali ad esempio delle batterie elettrochimiche, che verranno utilizzate nelle ore in cui le fonti rinnovabili sono inutilizzabili (pensiamo alla notte e agli impianti fotovoltaici) o quando magari si verifica un aumento di domanda.
Esempi di comunità energetica
In Italia arriviamo purtroppo con un po' di ritardo rispetto agli altri stati, ma è comunque interessante vedere come effettivamente queste comunità siano già esistenti e perfettamente funzionanti. In Germania esiste il miglior esempio di questo sistema ed è il Bioenergy Village di Juhnde. Avviato nel 2004, da allora riesce a soddisfare egregiamente i membri della comunità e a produrre addirittura il 70% in più dell’energia necessaria. In Italia comunità simili, ma non ancora regolate da normative specifiche, sono iniziate a nascere già nell’800 e tra queste, la più famosa è la Società Elettrica in Morbegno-Valtellina, nata nel 1897 e ancora oggi funzionante.
Si stima che entro il 2025 le comunità energetiche italiane saranno circa 40 mila e coinvolgeranno 1,2 milioni di famiglie, 200mila uffici e 10mila piccole-medie imprese.
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